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La deducibilità dei contributi: come funziona il vantaggio fiscale

Costruire una pensione complementare è sempre più importante per assicurarsi un futuro economico sereno dopo il ritiro dal lavoro. I fondi pensione nascono proprio con lo scopo di facilitare l’accumulo di un capitale aggiuntivo che si sommerà alla pensione pubblica.

Lo Stato incoraggia questa forma di risparmio offrendo elevati vantaggi fiscali, tra cui uno immediato, che si realizza nel momento del versamento dei contributi: la deducibilità.

Cos’è la deducibilità fiscale?

Quando produciamo reddito, dobbiamo rinunciare a una parte delle nostre entrate per pagare le imposte. L’Irpef, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, viene calcolata in modo progressivo, ossia il nostro reddito viene suddiviso in scaglioni, su ogni dei quali viene calcolata un’aliquota fiscale crescente, in modo che chi guadagna di più paghi imposte relativamente più elevate.

L’Irpef, però, non si calcola sul totale del reddito che abbiamo prodotto, ma solo sulla cosiddetta base imponibile. Minore la base imponibile, minori sono le imposte. Un onere (ossia una spesa) viene definito deducibile quando possiamo portarlo in riduzione della nostra base imponibile, godendo, quindi, di una riduzione delle imposte che andremo a pagare. Lo Stato considera deducibili solo pochi oneri, che fanno riferimento a spese considerate importanti e degne di una maggiore tutela.

Tra gli oneri deducibili ci sono i contributi versati all’Inps, per costruire la pensione pubblica o di primo pilastro. Ma lo Stato considera degni di una maggiore tutela anche i contributi versati al fondo pensione complementare, perché anche loro serviranno per il futuro da pensionati.

Pertanto, se si decide di versare una quota del reddito al fondo pensione, lo Stato non terrà conto di quelle somme per il calcolo delle imposte; quindi, una parte delle somme a cui si rinuncerà, tornerà in tasca sotto forma di risparmio fiscale. Si tratta di un vantaggio immediato che riduce il costo effettivo dell’investimento previdenziale.

Come funziona nella pratica? Il limite e i contributi validi

Ogni anno, è possibile dedurre dal reddito complessivo i contributi versati alla previdenza complementare fino a un limite massimo di € 5.164,57 ( Importo superiore per i lavoratori di prima occupazione successiva al 1° gennaio 2007.). Questo “plafond” è personale e comprende diverse tipologie di versamenti:

  1. i contributi volontari: ovvero la quota che si decidi di versare a proprio carico trattenuta dalla busta paga;
  2. i contributi del datore di lavoro: ovvero il contributo che il datore di lavoro è tenuto a versare nel caso di versamento del contributo minimo a carico del lavoratore previsto dal contratto collettivo di riferimento. Di fatto questi contributi costituiscono un reddito aggiuntivo, su si dovrebbe pagare delle imposte, ma essendo deducibili fino al limite indicato non vengono considerati nella base imponibile;

i contributi versati per i familiari fiscalmente a carico: in caso di apertura di una posizione di previdenza complementare per un figlio o un coniuge a carico e di versamento di contributi, anche questi importi possono essere dedotti dal reddito, sempre rispettando il limite complessivo di € 5.164,57.

Attenzione: una componente importante che finanzia i fondi pensione è il TFR (Trattamento di Fine Rapporto). Tuttavia, le quote di TFR non rientrano in automatico nel reddito corrente e disponibile pertanto non vengono considerate ai fini fiscali.

Qualche esempio per capire meglio.

Chiara, impiegata

  • Reddito lordo annuo: 28.000 euro.
  • Da contratto versa 280 euro all’anno al suo fondo pensione negoziale (1%). Il suo datore di lavoro aggiunge altri 560 euro (2%).
  • Contributi totali deducibili (senza considerare il TFR): € 840 (ben al di sotto del limite di 5.164,57 euro).
  • Il risparmio fiscale annuo è di circa € 90 euro. In pratica, dei 280 euro versati da Chiara, 90 euro “tornano indietro” sotto forma di minori tasse.

Sara, dipendente con figlio a carico

  • Reddito lordo annuo: 40.000 euro.
  • Versa € 400 per sé e il datore versa € 800. Contributi totali (senza considerare il TFR): € 1.200.
  • Decide di versare anche € 1.000 al fondo pensione per il figlio a carico.
  • Contributi totali deducibili dal reddito: € 2.200 (rientra nel limite).
  • Il risparmio fiscale annuo è di 612 euro.

Gli esempi qui mostrati considerano solo l’effetto della deducibilità ma in realtà il vantaggio fiscale è anche maggiore. In caso di versamento di contributi tramite trattenuta in busta paga, l’effetto fiscale influenza anche le detrazioni. Una somma è detraibile quando puoi portarla in riduzione delle imposte che dovresti pagare. 

La differenza con la deducibilità è che mentre quest’ultima consiste nel ridurre il reddito su cui si calcolano le imposte, la detrazione opera come riduzione diretta dell’imposta dopo che è stata calcolata. I lavoratori dipendenti hanno diritto a delle detrazioni (da lavoro dipendente, appunto) e quando il datore di lavoro trattiene delle somme dalla busta paga, come i contributi al fondo pensione, in genere aumentano anche le detrazioni, con un ulteriore vantaggio fiscale.

Il fatto che sia il datore di lavoro a preoccuparsi di versare i contributi al fondo pensione ha anche un ulteriore vantaggio: non occorre fare nulla per veder riconosciuto lo sconto sulle imposte, perché l’onere è direttamente in capo al datore di lavoro in quanto sostituto d’imposta. 

In caso invece di versamento diretto al fondo pensione occorre ricordare di indicare tale spesa quando in sede di dichiarazione dei redditi.

Nessun’altra forma di investimento ha gli stessi benefici fiscali dei fondi pensione, che vanno a sommarsi alla contribuzione del datore di lavoro come forma di guadagno aggiuntivo sui risparmi degli iscritti.

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