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Rendimenti quarto trimestre 2024

Nel quarto trimestre tutti i comparti di Eurofer hanno avuto un rendimento positivo, pari rispettivamente al 0,39%, 0,90% e 1,52% per il Garantito, Bilanciato e Dinamico.
Da inizio anno i rendimenti sono pari, rispettivamente, a 2,62%, 7,05% e 11,60%.
Il buon andamento di tutti i comparti è dovuto alla continuazione della crescita dei mercati azionari, che ha più che compensato la debolezza recente degli indici obbligazionari.

Nel trimestre gli indici azionari dei mercati sviluppati hanno avuto un rendimento compreso fra un minimo del 1,73% (azioni globali dei mercati sviluppati con rischio di cambio coperto) ed un massimo del 7,61% (azioni globali dei mercati sviluppati a cambio aperto).
La differenza di rendimento fra i due indici è dovuta al rafforzamento del cambio euro/dollaro, passato da 1,115 a fine settembre a 1,035 a fine anno. L’indice dei mercati emergenti ha avuto un rendimento negativo del -0,85%, a causa dell’impatto del dollaro forte e delle possibili nuove tariffe imposte dall’amministrazione Trump.

Considerando l’intero anno, l’indice azionario globale dei mercati sviluppati, nel quale la borsa americana pesa ormai oltre il 70%, ha avuto un rendimento del 26,60%. Tutti gli altri indici hanno avuto rendimenti positivi e a due cifre: +19,89% (indice azionario globale dei mercati sviluppati a cambio coperto), +15,37% (indice azionario globale “small cap”), +14,68% (indice azionario mercati emergenti).

Gli indici obbligazionari hanno avuto rendimenti nel trimestre del 0,64% e 0,71% (indice governativo e aggregate euro 1-3 anni), -1,23% (indice globale titoli di Stato), -1,39% (indice obbligazionario globale “investment grade”) e 0,65% (indice obbligazionario globale “high-yield”) e ciò ha portato i rendimenti da inizio anno rispettivamente al 3,22%, 3,66%, 1,28%, 1,68% e 8,92%.

Sempre con riferimento ai mercati obbligazionari, va ricordato l’andamento positivo dei titoli di Stato italiani, che a livelli compresi fra 105 e 120 pb nell’ultimo trimestre ha toccato i valori minimi dall’epoca del governo Draghi. Grazie alla politica fiscale prudente del governo italiano, la crisi politica in Francia ha avuto, anziché un effetto di contagio, un impatto positivo sui flussi degli investitori esteri verso l’Italia.

L’andamento dei mercati è, in gran parte, un riflesso dell’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Da un lato, gli annunci di sgravi fiscali e deregolamentazione hanno favorito le attese di continuazione della crescita sia dell’economia sia degli utili aziendali. Il piano di investimenti in infrastruttura digitale e la vicinanza dei più importanti esponenti del settore tecnologico al neopresidente hanno nuovamente favorito le “magnifiche 7” (anche se TESLA è penalizzata dalla fine degli incentivi all’elettrico).

A ormai tre anni dall’inizio del rialzo dei tassi della FED, il tasso di disoccupazione è ancora intorno al 4%. Dall’altro lato il permanere di un disavanzo pubblico intorno al 7% del PIL e la crescita, apparentemente senza controllo, del debito pubblico hanno portato un completo cambiamento nelle prospettive dei mercati obbligazionari.

Inoltre, in tutto il mondo la discesa del tasso di inflazione è più lenta del previsto, soprattutto a causa della rigidità della componente dovuta ai servizi.

Di conseguenza, fra la metà di settembre e la fine dell’anno le attese di taglio dei tassi da parte della FED nel corso del 2025 si sono fortemente ridimensionate (ad oggi uno o due tagli da un quarto di punto l’uno) e il rendimento del titolo di Stato a 10 anni è aumentato di circa un punto percentuale, trascinando i rendimenti dell’Eurozona e del Regno Unito e indebolendo gli indici obbligazionari.

Le stime di crescita dell’economia globale, pubblicate a metà gennaio dal Fondo Monetario Internazionale, confermano sostanzialmente le previsioni di crescita fatte a ottobre, migliorandole per gli Stati Uniti e rivedendole negativamente per l’Eurozona, soprattutto per Germania e Francia.

Secondo il FMI la crescita globale si attesterà al 3,3% nel 2025 e nel 2026, un tasso inferiore a quello medio nel periodo pre-COVID (3,7%).

La crescita è sostenuta prevalentemente dai servizi, mentre il settore manifatturiero è debole in tutto il mondo ad esclusione di India e Sud-est asiatico.

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